Verso la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ‘90 sicuramente nessuno aveva mai sentito parlare di Erle Montaigue e del suo studio sulla Old Yang Tai Chi. Insieme ad Anthony Walmsley, amico e ricercatore, da allora in poi abbiamo divulgato la sua ricerca, consci della difficoltà di accesso a tale studio, cercando al contempo di preservarne l’autenticità, evitando commistioni con organizzazioni maggiormente legate ad interessi economici, e consapevoli della difficoltà di proporla come disciplina assimilabile in breve tempo.
Nel
mio ultimo periodo trascorso con Chang, per
non sentire troppo dolore, divenni esperto nel porre domande
(n.d.t. poiché gli allenamenti erano troppo
duri…) di cui desideravo conoscere la risposta, poiché avevo
la sensazione che non gli sarei stato intorno a lungo.
Gli dissi che il modo in cui eseguiva la forma Taiji era ancora molto differente
da come io la eseguivo, sebbene pensassi anche di praticarla ad un livello
più alto: la sua risposta fu come un colpo di martello sulla mia testa,
qualcosa che ancora ricordo con dettagli vividi.
Chan: ‘Tu stai facendo Taiji, io no’. Ero un po’ preoccupato
circa la sua affermazione, e prima che potessi chiedergli altro, mi rispose ‘vai
ad assistere tutti i corsi di Taiji, e poi torna da me. Se ancora vuoi fare
Taiji, allora vai, e impara da loro’.
Da quel momento mi sentivo più che confuso, ma Chang non si sarebbe
discostato da questo concetto: non avrebbe accettato altre domande.
Facevo ciò che voleva che io facessi, e se anche sapevo cosa insegnavano
gli altri, qualcosa mi colpì: sebbene essi stessero praticando stili
differenti (Chen, Yang, Wu, ecc), stavano tutti ancora ‘facendo’ Taiji.
Sembrava quasi uno sforzo, come qualcosa che dovessero fare ogni giorno. Quando
invece Chang praticava, era come se non stesse facendo nulla: mentre stava
facendo la sua forma mi poteva parlare, guardarsi attorno, cogliere lo scenario
del luogo, ma era sempre tranquillo, e in pace con tutto. Non terminava mai
realmente la forma, piuttosto si muoveva in un’altra area della forma:
come camminare nella sua residenza o prendere una tazza di tè…
La mia successiva visita a Chang fu diversa: gli dissi che non stava facendo
Taiji, ma piuttosto vivendo Taiji. Mi rispose nuovamente ‘No, sei ancora
in errore: io non sto vivendo nulla, io sono Taiji’.
Continuò: ‘Tu stai cercando di fare Taiji, ma non realizzerai
mai né il combattimento del Taiji né il suo aspetto curativo.
Tu sei molto più forte di me, e anche più veloce, tuttavia sono
io ad apparire più veloce e più forte di te: io sono Taiji’.
Da allora in poi ho provato ad essere Taiji in ogni momento, sia di veglia
che di sonno, come se stessi ancora facendo la forma. E quello fu il suo più grande
regalo, mostrarmi il fatto di ‘non fare’ Taiji. In seguito, prima
di andarsene via, Chang mi spiegò l’aspetto più fisico
del perchè non stesse facendo Taiji. Disse che non voleva chiamarlo
Taiji, ma piuttosto riportarlo al suo nome originale di ‘Hao Ch’uan’,
che significa ‘Boxe sciolta’. Questo fu per me uno shock, poiché io
pensavo che il nome Tai Chi Chuan fosse stato con noi dall’inizio, ma
non era così. Infatti, se Yang Lu Ch’an fosse tornato a noi ora,
probabilmente avrebbe voluto imparare questa nuova grande arte che aveva la
temerarietà di assurgere al nome di ‘Suprema Ultima Boxe’. ‘Quel
nome fa parte soltanto del nostro tempo’, mi disse Chang, e come ho anche
letto in altri scritti, dall’ultimo periodo del 1800: prima veniva chiamata ‘Boxe
sciolta’. Chang diceva ‘guardali’, in molte delle occasioni
in cui stava nascosto ed osservava un corso di Taiji, ‘sembrano essere
sciolti! Si muovono lentamente e in maniera rilassata, ma quella non è scioltezza:
si muovono come una scatola!’
Ed era vero, essi si stavano muovendo come scatole, e quella fu la cosa più sarcastica
che nessuno avesse mai detto circa il Taiji di qualcun altro, ‘si muovono
come scatole’.
Passiamo molte ore cercando di far sì che le nostre ossa si muovano
tutte unite insieme, ma quando Chang lo faceva era come se le sue ossa non
fossero connesse, ma piuttosto un piccolo movimento verso il basso ne avrebbe
provocato uno verso l’alto, e un piccolo movimento verso l’alto
avrebbe messo in movimento l’intero corpo, e non contemporaneamente ma
piuttosto un millesimo di secondo dopo il movimento iniziale.
E non era quello il modo di usare Fa Jing?. Questa era la differenza fisica
tra il mio ‘Hao Ch’uan’ e il suo.
Vi erano così tanti piccoli movimenti di shake che era difficile cogliere
qualcosa di differente. Solo una volta chiesi a Chang di eseguire la forma,
così da poter vedere tutto ciò che riguardava gli ‘skakes’,
e fu abbastanza. Fu quella l’ultima lezione con lui. Dopo di che disse,
e voglio usare le sue esatte parole, ‘non hai bisogno di me’. Non
si fece più trovare al nostro luogo di allenamento: i suoi muscoli erano
andati, non poteva più fare uso del terreno, perché per far ciò è necessaria
forza fisica, ma era forte lo stesso e spesso mi chiedo se questo era perché io
fossi ad un livello basso di allenamento, a quel tempo, ma non penso fosse
così: allora ero forte, molto più forte e giovane di adesso e
sebbene non potessi competere con lui, tuttavia ci provavo. Non ho mai fatto
la parte di chi ha riverenza per il maestro: essa mi aveva portato molti problemi
nei primi anni, con altri maestri.
So che Chang ritornò in Cina e mi piacerebbe pensare che sia ancora
vivo sulla cima di qualche montagna: ma se fosse qui, potrei ancora sentirgli
dire in cinese qualcosa come l’equivalente di ‘stupidaggini’!
(n.d.t. per non dire peggio…) Perché era quel che era, un vero
F.C. nel vero senso della parola. F.C. - per coloro che non ne conoscono il
significato - è una società segreta di artisti marziali che hanno
superato il vero test della vita…